"GANAR Y PERDER"
di Vincente del Bosque
Plataforma Acinal - 2020
Con questo saggio, pubblicato nel 2015, Vicente Del Bosque ripercorre le principali tappe della sua carriera di giocatore e poi di allenatore, vissuta quasi interamente nel Real Madrid e virtualmente conclusa alla guida della selezione spagnola con i campionati europei del 2016.
Non si tratta, in realtà, di una classica autobiografia, bensì di un saggio che utilizza riflessioni e ricordi tratti dall’esperienza personale dell’Autore, in ambito sia sportivo che privato.
Come si inizia a comprendere già nel titolo, il libro attribuisce particolare rilevanza all’equilibrio che deve caratterizzare la gestione degli eventi favorevoli ed avversi.
A ben vedere, di per sé questa tesi non è isolata o particolarmente originale: se ne trovano, infatti, tracce nel pensiero sia di illustri letterati (compresi Kipling, Bolivar e Borges, citati nel libro) sia di molti altri sportivi che l’hanno declinata con diverse sensibilità (ad esempio Toni Nadal, con il suo tratto di estrema intransigenza).
Del Bosque, tuttavia, ne offre una lettura molto interessante, calandola in due realtà molto differenti: dapprima quella di un club – il Real Madrid – che si identifica nella vittoria, nel dominio del gioco, in un’eccellenza anche estetica che non tollera eccezioni; e poi quella della nazionale spagnola, che invece al successo non era affatto abituata, ed ha raggiunto solo recentemente risultati sensazionali (con l’eccezione del mondiale brasiliano).
Più volte nel libro la sconfitta viene considerata un momento di alto valore didattico e la premessa assolutamente necessaria per il raggiungimento di futuri obiettivi. Non si tratta, dunque, di considerazioni meramente etiche o filosofiche, (la derrota come “blasone degli spiriti ben nati” menzionata nel codice degli Hidalgo e in Cervantes) ma di un’idea molto pragmatica, volta al perseguimento del successo attraverso la gestione delle tappe di un percorso.
Di questo equilibrio, indubbiamente, Del Bosque ha offerto una rappresentazione “plastica” anche attraverso il linguaggio del corpo, evitando espressività eccessive, sia nei momenti positivi che in quelli negativi. Oltre che per naturale inclinazione, ciò è stato possibile grazie ad un continuo lavoro sulle proprie emozioni, che l’Autore rivendica e ritiene indispensabile soprattutto ad alti livelli.
Sotto l’aspetto più prettamente tecnico e di gestione del gruppo, l’Autore parte dalla propria esperienza di calciatore, in cui ha incontrato allenatori graditi (su tutti, Molowny) e non (Boskov), ed illustra i principi che ha cercato di applicare da tecnico, anche nell’esperienza alla guida del Fenerbahce.
La parte conclusiva del volume è dedicata agli aspetti più personali e familiari; particolare interesse assume il racconto di come tutta la famiglia ha incontrato la disabilità del terzo figlio, traendone, nelle difficoltà, grandi insegnamenti.
Anche questo capitolo avvalora il giudizio decisamente positivo sul libro e conferma la notevole sensibilità dell’Autore.